Il 27 Febbraio su RadioCapri, Taisia Raio, nel suo programma “Point Break” ha intervistato Marianna Iannaccone, che ha parlato del suo romanzo “Resolute John Florio all’ambasciata francese” e dello spettacolo che inaugurerà il 2 Marzo alle ore 18.00 al teatro SanCarluccio di Napoli.
Ecco l’intervista completa:
Su Plus!Magazine, la giornalista Maria Paola Battista ha intervistato Marianna Iannaccone riguardo i suoi studi e le sue ricerche che porta avanti da diversi anni. Ecco uno stralcio dell’intervista:
Quindi a questo punto lei cosa ha ipotizzato?
«Ho ipotizzato che Florio era ricco di cultura ma finì in povertà in quanto quando fu licenziato dalla Corte nella quale aveva lavorato come segretario personale della regina, perse la pensione. Ciò che aveva, però, era la sua biblioteca di incommensurabile valore per l’Inghilterra. Il conte di Pembroke disperse i libri. Solo una parte, cioè quelli in lingua inglese, francese e spagnola, furono venduti dalla famiglia per dare un sostegno economico alla moglie Rose che era ancora in vita mentre i libri italiani molto probabilmente sono andati proprio alla Corona. Lo dico perché sono riuscita a rintracciare alcuni manoscritti di Florio i quali contengono lo stemma reale e sono oggi conservati in una sezione privata della British Library nella sezione dei manoscritti reali.»
Quindi le tracce di cui parla esistono.
«Sì. Florio fu anche un poeta anonimo, scrisse poesie in italiano e fu il primo a dedicare delle poesie in italiano ad una regina inglese. Rintracciare la sua biblioteca personale e i suoi manoscritti significherebbe andare a scoprire tutto il suo contributo, aiuterebbe a capire come lavorava in quanto, al di là del suo contributo shaksperiano, Florio sin da giovane ha collaborato nella letteratura e nel teatro inglesi. Sappiamo anche che è stato un grande amico di Ben Johnson che, insieme a Shakespeare, è stato il più grande drammaturgo inglese. Ha collaborato, infatti, al Volpone di Ben Johnson e oggi, nella copia conservata presso la British Library, possiamo trovare una dedica scritta dall’autore a Florio in cui lo descrive come “suo padre”, come suo grande amico e come “aiuto delle sue Muse”, il che fa capire il contributo di Florio.
Nelle mie ricerche ho scoperto per prima anche una poesia che lui ha scritto in italiano, ispirato dall’Aminta di Torquato Tasso, e che ha dedicato alla regina. Probabilmente la scrisse per un intrattenimento a corte.»
In particolare quale era, secondo i suoi studi, il legame con Shakespeare?
«Io sono convinta del fatto che a noi è pervenuta una visione un po’ distorta di Shakespeare che lo mostra come un genio solitario. In realtà durante l’età elisabettiana, in seguito anche allo sviluppo economico, molte attività come il teatro ebbero un incremento e durante la settimana si rappresentavano anche 4/5 opere di seguito, al punto che decisero che il teatro avrebbe potuto essere anche una fonte di guadagno e iniziarono a far pagare un biglietto di ingresso. Ciò comportò il fatto che i compositori iniziarono a collaborare tra loro e anche a riadattare opere già esistenti. Florio già all’inizio della sua carriera, aveva poco più di venti anni, lavorava nei teatri con Richard Tarlton, che è stato il più grande attore elisabettiano, il quale gli fu grato per aver portato il teatro italiano in terra inglese.
Quindi Florio va visto in questo contesto cioè innanzitutto come colui che portò il Rinascimento italiano in Inghilterra con la traduzione e il riadattamento nonché per l’aiuto che diede proprio a Shakespeare nell’arricchimento del lessico. Grazie a Florio troviamo in Shakespeare autori minori come il Ruzzante, ad esempio, che è stato un autore straordinario che scriveva in dialetto padovano. Bisognerebbe chiedersi come ha fatto Shakespeare a comprendere un autore del genere, non ci sarebbe potuto riuscire senza le competenze di Florio. Quindi il punto fondamentale è l’importanza che il Rinascimento italiano ha avuto nel teatro elisabettiano, nel teatro shakespeariano, grazie proprio a John Florio che all’epoca è stato il maggiore rappresentante dell’Italia in Inghilterra. Le somiglianze e le similitudini sono tante, in termini proprio di parole, di lingua e se facciamo un confronto tra tutte le parole inventate da Florio e quelle inventate da Shakespeare molte sono uguali. Così come i proverbi italiani che troviamo in Shakespeare e alcune sue opere teatrali che vengono da proverbi italiani. In un’opera del 1591 Florio pubblicò la più ricca collezione di proverbi italiani, 6000 per l’esattezza, molti dei quali sono nelle opere Shakespeare.»
Come mai gli italiani non hanno avuto l’acume di rilevare l’opera di Florio?
«Perché hanno voluto appoggiare gli accademici inglesi sminuendo la storia di John Florio.»
L’intervista si può leggere qui.