I Saggi di Montaigne di John Florio sono ampiamente considerati un’opera d’arte, oltre che una delle traduzioni elisabettiane più popolari e influenti.
La pubblicazione
Il 4 giugno 1600 è il giorno che vide la pubblicazione di una delle traduzioni elisabettiane più popolari e influenti. La versione di John Florio dei Saggi di Michel de Montaigne si rivelò un successo immediato nell’Inghilterra elisabettiana. Concessa in licenza a Edward Blount, l’opera fu pubblicata solo tre anni dopo, nel 1603. La traduzione dei Saggi di Florio venne presto considerata un capolavoro letterario durante l’epoca elisabettiana. In quel periodo, Florio era il più eminente tra i gentiluomini istruttori di italiano, tanto che la sua nomina come tutore del principe Enrico e lettore della regina era quasi scontata.
Al tempo della congiura di Essex, Southampton fu mandato alla Torre di Londra e Florio si ritrovò senza sostegno. Che Florio fosse stato un partigiano piuttosto attivo è indicato dalla sua difesa in A World of Words di “A.B.”, ovvero Essex, contro le accuse e critiche di Hugh Sanford. 1
In quel periodo, Florio fu accolto nella casa di Lady Anne Harington, cugina acquisita di Sir John Harington, il traduttore di Ariosto. John Florio, nella sua “Epistle Dedicatorie”, spiegò che, grazie al finanziamento di Sir Edward Wotton, intraprese la traduzione di uno dei Saggi di Montaigne. In seguito, Lady Harington, avendolo letto, lo incoraggiò a proseguire.
La Lettera Dedicatoria
John Florio non poteva accontentarsi di dedicare questo magnifico volume dei Saggi di Montaigne a meno di una vera e propria “galassia” di sei dame della corte. Il primo libro è, ovviamente, per la contessa di Bedford e sua madre. Il secondo è diviso tra Lady Penelope Rich, la “Stella” di Sidney, e sua figlia, Elizabeth, contessa di Rutland. Florio aggiunge inoltre un elogio appropriato all’“Arcadia perfetta-imperfetta”. Il terzo libro è dedicato con grazia a due delle sue allieve più giovani: Lady Elizabeth Grey, figlia del conte di Shrewsbury, e Lady Mary Nevill, figlia del Lord High Treasurer d’Inghilterra. 2
Nella sua traduzione dei Saggi di Montaigne, Florio si presenta, nelle sue dediche, come il “pietoso amante petrarchesco” che accetta l’eroica fatica assegnatagli dalle sue patrone. Il volume è ulteriormente arricchito da sonetti dedicati a varie dame da parte del Dr. Gwinne, sotto il nome di “Il Candido”; da un sonetto in italiano dello stesso, “Al mio amato Istruttore Mr. Giovanni Florio”; e da un lungo poema, “To my deere friend…concerning his translation of Montaigne,” del noto Samuel Daniel, che ammirò l’opera con grande entusiasmo. Egli si immagina in piedi accanto al traduttore alle porte di Montaigne.3
Here at his gate do stand, and glad I stand
So neere to him whom I doe so much loue,
T’applaude his happy setling in our land:
And safe transpassage by his studious care
Who both of him and vs doth merit much,
hauing as sumptuously, as he is rare
Plac’d him in the best lodging of our speach.
I Saggi di Montaigne: Florio come Vulcano
Egli si descrive a Lady Harington come il padre adottivo dell’opera di Montaigne. L’atto della traduzione e la sua realizzazione sono descritti in termini mitologici. John Florio paragona il processo della traduzione a quello del parto, paragonandosi a Vulcano, il dio del fuoco benefico e ostacolante e dio degli artigiani, che aveva dato alla luce Minerva, la dea della saggezza, in modo alquanto insolito. Soffrendo di un forte mal di testa, Giove chiese a Vulcano di usare la sua ascia per spaccargli la testa e alleviare la pressione; quando ciò avvenne, ne uscì la dea Minerva, già adulta, vestita di armatura e pronta per la battaglia. 4
Così, riguardo a questa edizione difettosa (poiché tutte le traduzioni sono reputate femminili, consegnate di seconda mano; e io, in questa, non faccio che il ruolo di Vulcano, per estrarre con l’ascia questa Minerva dal grande cervello di Giove), rimango comunque almeno un padre adottivo affezionato, avendola trasportata dalla Francia all’Inghilterra; l’ho vestita con abiti inglesi; le ho insegnato a parlare la nostra lingua (anche se spesso con qualche inflessione del gergo francese) e l’ho presentata al meglio del mio servizio; e a meglio non potevo, se non a Voi, che meritate il meglio.”
Per la traduzione dei Saggi di Montaigne, John Florio riconosce anche l’aiuto di Theodore Diodati. Egli era il padre dell’amico di Milton, con il quale Florio si confrontava costantemente. Come lo descrive Florio, era stato “In questo rozzo e roccioso Oceano” come “un pesce guida per la Balena”. Il suo “unico, carissimo e affettuoso amico in amore-simpatia,” il dottor Matthew Gwinne, si era assunto il vasto compito di rintracciare tutte le citazioni dai classici fino alle loro fonti. Sorretto e armato da questi due sostenitori del sapere e dell’amicizia, John Florio è riuscito a “superare i pericoli”:
“Ho sudato, ho pianto, e sono andato avanti, finché ora sono arrivato alla baia”
I Saggi di Montaigne: “Dovrei scusarmi per la traduzione?”
Nella lettera indirizzata al cortese lettore, Florio difende la traduzione come il percorso più utile per far progredire il sapere e sviluppare la lingua e la cultura di una nazione. Anche qui, egli collega questa importante questione alla recente armata di oppositori legati al medievalismo ancora fortemente radicato nelle università, che erano le principali fonti di opposizione.5
Nessuno sforzo, sente, può essere sprecato nel far conoscere agli inglesi un autore così raro e eminente. Egli ammette l’obiezione contro tutte le traduzioni che:
“Il senso può mantenere la forma; ma la frase viene sfigurata; la finezza, l’adeguatezza, l’eleganza diminuiscono: tanto quanto l’arte della natura è inferiore all’arte della natura stessa, un quadro di un corpo, un’ombra di una sostanza.”
Nei Saggi di Montaigne, per Florio il traduttore è un semplice prestatore dei pensieri e delle parole di un altro uomo. Egli non è “un ladro, poiché dichiaro da chi l’ho preso”; mentre molti altri prendono “di nascosto” e non riconoscono il loro debito. Citando Giordano Bruno, il suo “vecchio compagno Nolano,” “che insegnava pubblicamente che da ogni traduzione nasce ogni scienza,” Florio basa la sua difesa interamente a favore della traduzione. Tracciando una sorta di albero genealogico linguistico, sostiene che è stato grazie alla traduzione che i nomi delle discipline rinascimentali più popolari furono presi in prestito dai Greci, i quali a loro volta li avevano ereditati dagli Egizi, che avevano attinto alle “sorgenti degli Ebrei o dei Caldei.” .6
I Saggi di Montaigne: Traduzione, non plagio
Florio sviluppa ulteriormente e amplia la sua difesa inserendo una serie di argomentazioni volte a sostenere e proteggere i traduttori onesti dalle accuse di plagio e furto:
“Se nulla può essere detto oggi che non sia già stato detto prima (come egli ben disse), se non c’è nulla di nuovo sotto il Sole. Cos’è ciò che è stato? Ciò che sarà: (come disse colui che fu il più saggio) Cosa fanno dunque i migliori, se non spigolare nei campi altrui? prendere in prestito i loro colori, ereditare i loro possedimenti? Cosa fanno se non tradurre? forse, usurpare? almeno, raccogliere? Se con riconoscenza, va bene; se di nascosto, è troppo male: in questo, la nostra coscienza è il nostro accusatore; la posterità il nostro giudice: in quello, il nostro studio è il nostro avvocato, e voi Lettori la nostra giuria.”
I Saggi di Montaigne: il messaggio infinito di John Florio
La lettera al Cortese Lettore è una superba e ingegnosa difesa della traduzione. È scritta in uno stile che si configura come una continua ricerca argomentativa. La discussione è dialogica, ma anche dialettica. È dettata da un continuo fluttuare avanti e indietro tra affermazione e replica: Perché, Sì, ma, Sì, certo. John Florio costruisce la sua argomentazione con tesi e antitesi. Il messaggio di Florio è infinito: il cuore del sapere può essere raggiunto solo attraverso la traduzione. I mondi della traduzione sono gli universi che tutti noi abitiamo come esseri umani, come esseri comunicativi. Questo è il nucleo centrale del messaggio di Florio nella sua difesa della traduzione. La civiltà e la sua storia si fondano sulla traduzione. E tutto questo, con l’etica del rispetto. Rispetto per le fonti, ma anche, e soprattutto, per lo spirito di un’opera, che è “come l’aria, il fuoco, l’acqua: più è respirato, più è chiaro; più è diffuso, più è caldo; più è tratto, più è dolce.”
La traduzione dei Saggi di Montaigne di Florio: Un nuovo libro
La prima cosa che colpisce il lettore della traduzione di Florio è il suo appassionato piacere per le parole. Nei seguenti esempi, le parole aggiunte da John Florio sono in corsivo. L’obiettivo è comprendere meglio la sua tecnica di traduzione, così come il particolare modo in cui utilizza le parole.
Montaigne, parlando di coloro che volontariamente mortificano la carne, aveva scritto:
Montaigne: “J’en ay veu engloutir de sable, de la cendre, & se travailler a point nomme de ruiner leur estomac, pour acquerir les pasles couleurs.” I, 339
E Florio lo traduce così:
Florio: “I have seen some swallow gravell, ashes, coales, dust, tallow, candles, and for the-nonce, labour and toyle themselves to spoile their stomacke, only to get a pale-bleake colour.”
In this example it is evident how John Florio takes an abandoned joy in elaboration. He loves what is, to him, a fine excess.
Montaigne scrive dei servi:
Montaigne: “Je ne voy rien autour de moy que couvert & masque”
E Florio traduce in questo modo:
Florio: “I see nothing about me, but inscrutable hearts, hollow mindes, fained looks, dissembled speeches, and counterfeit actions“
A volte John Florio aggiunge parole extra nel tentativo di enfatizzare e intensificare la situazione. Inserisce aggettivi con una carica emotiva accentuata, estranea allo stile di Montaigne. Ad esempio, traduce “ces flots” di Montaigne con “these boistrous billows.” Oppure “le chagrin & la melancholie” diventa “lowring vexation and drooping melancholy.” Un altro esempio è la sua traduzione di “l’autoritè de son visage & la fiertè de ses paroles,” che rende con “the minde-quelling authoritie of his countenance, and awe-moving fiercenesse of his words.”
La traduzione dei Saggi di Montaigne di Florio: Nuove parole inglesi
Nella sua difesa della traduzione, John Florio spiegò che nella sua versione dei Saggi di Montaigne ci sono molte parole francesi plausibili che, accoppiate a parole comuni per spiegarle, possono diventare “familiari al nostro inglese, che ben può accoglierle.” Cita un certo numero di tali parole che ha creato, aggiungendo che alcuni critici potrebbero obiettare:
“entraine, conscientious, endeare, tarnish, comporte, efface, facilitate, ammusing, debauching, regret, effort, emotion.”
Nelle pagine “Dei Cannibali” Florio prende in prestito parole francesi che erano già in circolazione, ma di recente introduzione e di uso limitato. Alcuni esempi sono febricitant, supplant, puissant. E almeno una parola che appare per la prima volta in un testo inglese: contexture. Una parola chiave per Montaigne, che fu successivamente utilizzata anche da Bacon.7
Florio sperimentò consapevolmente con l’inglese, innestando in esso parole e frasi provenienti da altre lingue. Questo lo portò a creare non solo nuove parole, ma anche nuove costruzioni grammaticali. Ad esempio, fu il primo scrittore a utilizzare il pronome neutro genitivo “its.”
Composti, Copia, Allitterazioni: Influenze Teatrali
Nella sua passione per la copia, John Florio si prese la libertà di inventare composti. “L’ame plaine” diventa “a mind full-fraught”, mentre “doux & aggreable” si trasforma in “a pleasing-sweet and gently-gliding speech.” Le parole sono combinate in quasi ogni modo, spesso con un effetto straordinariamente raffinato. Ad esempio: “marble-hearted”. Lo stile dei sonetti è catturato in espressioni come “Pride-puft majestie” o “the fresh-bleeding memorie”. Un altro grande composto è: “with hight-swelling and heaven-disimbowelling words.”
Montaigne: “D’une voix tremblante”
Florio: “With a faint-trembling voyce and selfe-accusing looke”
Le combinazioni di Florio possiedono una ricchezza sostanziale, come in “a rough-hewen fellow” per “un grossier” o “a lingering-toylsome life” per “une vie peneuse.” Fa anche il massimo uso della copia. Il suo obiettivo è ottenere l’ornamento retorico di frasi o clausole successive di lunghezza approssimativamente uguale. In molti casi, raddoppia l’immagine o l’idea:
Montaigne: “Ce n’est pas a dire que le muletier n’y trouve son heure”
Florio: “A groome or a horse-keeper may finde an hour to thrive in; and a dog hath a day.”
Montaigne: “D’Avoir trouvè la feve au gasteau”
Florio: “To have hit the naile on the head, or to have found out the beane of this Cake.”
John Florio sperimentò anche con lo stile retorico, e condivideva l’amore per l’allitterazione:
“Carke and care” I, 84
“Pricke and praise” II, 41
“Bounds and barres” I, 18
“So fained and fond a ceremonie” I, 23
“Tedious and mind-trying idlenesse” I, 258
or the more elaborate:
“Being absent I….should lesse feele the ruinois downe-fall of a Tower, than being present, the fall of a Tile.” – III, 195
I Saggi di Montaigne: Una Traduzione per i Lettori Inglesi
Florio considerava sempre suo dovere spiegare qualsiasi termine che riteneva potesse risultare difficile, e frequentemente istruiva i suoi lettori su dettagli che Montaigne aveva lasciato alla loro discrezione. 8 Inoltre, aiutava l’inglese a comprendere i riferimenti alla storia straniera.
“Le Duc de valentinois” diventa “Caesar Borgia, Duke of Valentinois,”
“Le feu Chancelier Oliver” diventa “Lord Oliver, whilome Chauncerler of France,”
“Solyman” diventa “Soliman, the great Turke”
“L’Ostracisme et le Petalisme” diventa “the Ostracisme amongst the Athenians, and the Petalisme among the Siracusans.”
“Le Louvre” diventa “Louvre, the pallace of our Kings in Paris.”
“l’endroit du diaphragme” diventa “Diaphragma, which is a membrane lying overthwart the lower part of the breast, separating the heart and lights from the stomache.”
La Forza dell’Immaginazione
Nella sua traduzione dei Saggi di Montaigne, John Florio condivide la gioia pura nell’elaborare ogni dettaglio di una situazione che illustra la forza dell’immaginazione. Un esempio è la storia di Marie Germain, un uomo anziano che aveva pensato di essere una ragazza fino all’età di ventidue anni 9:
Montaigne: “Faisant, dit-il, quelque effort en saultant, ses membres virils se produsirent: & est encore en usage entre les filles de là, une chanson, par laquelle elles s’entradvertissent de ne faire point de grandes enjambées, de peur de devenir garcons, comme Marie German” – I, 107
Florio: “Egli dice che, un giorno, saltando e sforzandosi di sorpassare un altro, non sapeva come, ma dove prima era una donna, improvvisamente sentì uscire da lui l’organo di un uomo; e ancora oggi le ragazze di quella città e di quella regione hanno una canzone in uso, con la quale si avvertono a vicenda, quando saltano, di non sforzarsi troppo o aprire troppo le gambe, per paura che possano trasformarsi in ragazzi, come fu per Marie Germane.”
L’amore di Florio per i Cavalli
L’amore di John Florio per i cavalli e il suo interesse per essi si manifestano subito nell’essay “Of Steeds, called in French Destriers,” dove il motivo di un linguaggio così ricco risiede chiaramente nella devozione del traduttore verso il suo argomento:
Montaigne: “Ce que j’ay admiré autresfois, de voir un cheval dressé à se manier à toutes mains, avec une baguette, la bride avallée sur ses oreilles” – I, 400.
Florio: “That which I have other times wondered at, to see a horse fashioned and taught, that a man having but a wand in his hand, and his bridle loose hanging over his eares, might at his pleasure manage, and make him turne, stop, run, cariere, trot, gallop, and whatever else may be expected of an excellent ready horse.” – I,337.
L’Astratto, L’Immagine
Nella sua traduzione dei Saggi di Montaigne, John Florio cerca costantemente di scoprire un modo per sostituire l’astratto con il concreto, per dare colore a un’idea attraverso un’immagine. Ad esempio, quando Montaigne enuncia un aforisma, “Mais aucun bien sans peine,” Florio lo anima con una nuova vita dicendo: “But no good without paines; no Roses without prickles”. Nelle occasioni in cui lo stesso Montaigne aveva usato un’immagine, Florio la sviluppa ulteriormente con dettagli non richiesti ma affascinanti. Un esempio si trova quando traduce “cercher le vent de la faveur des Roys” in “the seeke after court holy-water and wavering-favours of Princes”.
Metafore
Frequentemente nelle sue opere, John Florio aggiunge metafore tratte dal linguaggio marittimo per spiegare un sentimento personale o una situazione. Descrisse i critici di Second Fruits come un naufragio, in A World of Words descrisse “these notable pirates in our paper-sea”, paragonandosi a un uomo su una nave che faceva tutto da solo per non affondare. Anche nei Saggi di Montaigne, usa una buona quantità delle stesse metafore. Alcuni esempi si trovano quando scrive “have no other anker” per “qui n’ont appuy que,” o “being once embarked, one must either go on or sinke” per il meno definito “depuis qu’on y est, il faut aller ou crever,” o “les orages et tempestes se piquent” che diventa più visivo in “the sea-billowes and surging waves rage and storme”, o “Aristote qui remue toutes choses” che diventa “Aristotle that hath an oare in every water and medleth with all things”.
L’Istinto del Drammaturgo
Florio compie continuamente tali alterazioni per il bene di un quadro più completo. La sua ricerca dell’azione è sempre al primo posto nella sua mente. È un istinto della sua natura scrivere “with a vaile over his face” per “le visage couvert,”, o la frase sorprendente “headlong tumbled downe from some rocke” per “precipitez.” Può sempre essere fidato per produrre uno shock di piacevole sorpresa. Il desiderio di un sentimento di movimento è la forza che sottende quasi tutte le sue aggiunte. Vuole sempre aumentare l’enfasi, alzare e amplificare. Questo si rivela nell’uso di un verbo forte. “I flie a lower pitch” scrive per “je suis d’un point plus bas.” Nelle sue composizioni il senso di movimento è ancora maggiore: “harme-working eyes”, e “certaine terror-moving engines” per “nuisans” e “espouventables”. “Cette ridicule piece” diventa “that laughter-moving and maids looke-drawing piece”. In praticamente ogni caso, come già suggerito, queste alterazioni di Florio sono dettate da un senso teatrale. 10
Per Matthiensen, l’abitudine di Florio di vedere e dire le cose in modo drammatico è una delle sue qualità più distintive:
“Il metodo del drammaturgo, quindi, consiste nel prendere una situazione e aumentare la sua intensità con un’esagerazione abile del tono e con un accenno di azione nel ritmo e nella cadenza delle sue parole. Anche questo è il metodo di Florio, e permea il suo trattamento di Montaigne.” (Matthiensen, Translation, An Elizabethan art, p. 146)
Un altro esempio è la traduzione solenne, drammatica e ritmica di questo passaggio, che mostra l’influenza di Bruno:
Montaigne: “Encore se faut il testonner, encore se faut il ordonner & renger pour sortir en place.”
Florio: “Yet must a man handsomely trimme-up, yea and dispose and range himself to appeare on the Theatre of this world.”
Matthiensen osserva che:
“Il senso drammatico di Florio è la forza centrale che modella la sua prosa. Determina non solo il modo in cui sviluppa le situazioni di Montaigne, ma anche l’aggiunta di parole, non per il loro significato, ma per il loro ritmo. Quando Florio intensifica il contenuto, a volte è lo splendore, a volte il pathos, più spesso è la pura eccitazione della situazione che lo cattura.”
Immaginare la Scena Nuovamente
Nella sua traduzione dei Saggi di Montaigne, Florio si immerge così profondamente nello spirito di una situazione e la sente così intensamente da farla propria. Non sta più traducendo, ma immaginando nuovamente la scena. Ad esempio, “L’entree libre aux soldats” diventa “the needie, bloudthirstie and prey-greedie soldiers”. In ogni situazione, è l’elemento di contrasto a catturare la sua attenzione, che sviluppa con l’istinto del drammaturgo, facendo di tutto per amplificarne l’effetto. 11 Gli esempi sono così frequenti che si possono scegliere quasi a caso. Tuttavia, a volte, Florio supera sé stesso. La scena lo assorbe così completamente che sembra quasi stia scrivendo un nuovo libro. Ad esempio, nel saggio “Della Fisionomia,” dove Montaigne descrive come, benché disarmato, il suo aspetto risoluto avesse indotto un capitano nemico a ritirarsi dalla sua sala, l’immaginazione di Florio drammatizza il quadro in modo molto più ricco. 12
Montaigne: “Il remonte à cheval, ses gens ayants continuellement les yeux sur luy, pour voir quel signe il leur donneroit: bien estonnez de le voir sortir et abandonner son advantage.” – IV, 203
Florio: “What shall I say more? He bids me farewell, calleth for his horse, gets up, and offreth to be gone, his people having continually their eyes fixed upon him, to observe his lookes, and see what signe he should make unto them: much amazed to see him be gone, and wondring to see him omit and forsake such an advantage.” – III, 325
I Saggi di Montaigne: Le Parole Che Sgorgano Liberamente
La ricchezza di parole inglesi che Florio aveva a disposizione è fenomenale. Forse l’esempio più sorprendente, dove le parole sgorgano liberamente, e tuttavia Florio riesce a mantenere una forte unità aggiungendo pienezza e colore, è questo passaggio:
Montaigne: “L’avaricieux le prie pour la conservation vaine & superflue de ses thresors: l’ambitieux de sa fortune: le voleur l’employe à son ayde, pour franchir le hazard & les difficultez, qui s’opposent à l’execution de ses meschantes entreprinses: ou le remercie de l’aisance qu’il a trouvé à desgosiller un passant. Au pied de la maison, qu’ils vont escheller ou petarder, ils font leurs prieres, l’intention et l’esperance pleine de cruauté, de luxure, & d’avarice.” – I, 443
Florio: “The couvetous man sueth and praieth unto him for the vaine increase and superflous preservation of his wrong-gotten treasure. The ambitious, he importuneth God for the conduct of his fortune, and that he may have the victorie of all his desseignes. The theefe, the pirate, the mortherer, yea and the traitor, all call upon him, all implore his aid, and all solicite him, to give them courage in their attempts, constancie in their resolutions, to remove all lets and difficulties, that in any sort may withstand their wicked executions, and impious actions; or give him thanks, if they have had good successe; the one if he have met with a good bootie, the other if he returne home rich, the third if no man have seen him kill his enemie, and the last, though he have caused any execrable mischiefe. The Souldier, if he but go to besiege a cottage, to scale a Castle, to rob a Church, to pettard a gate, to force a religious house, or any villanous act, before he attempt it, praieth to God for his assistance, though his intents and hopes be full-fraught with crueltie, murther, covetise, luxurie, sacrilege and all iniquitie.” – I, 373-374
In nessuno di questi esempi le aggiunte di Florio appesantiscono il movimento della sua prosa. Possiede un forte senso del ritmo, introducendo spesso parole esclusivamente per questo scopo. 13 Non riesce a comprendere uno schema di pensiero senza uno schema sonoro, così che i periodi avanzino in modo equilibrato e musicalmente ornato, come sapeva e amava fare. Aveva un nobile senso del ritmo, del crescendo e decrescendo dei periodi che si muovono maestosamente verso la loro fine designata. 14 Talvolta raggiunge una pienezza ricca, talvolta un movimento di forza e solennità:
Montaigne: “Mais a ce dernier rolle de la mort & de nous, il n’y a plus que faindre, il faut parler Francois; il faut montrer ce qu’il y a de bon et de net dans le fond du pot,” – I, 81
Florio: “But when the last part of death, and of our selves comes to be acted, then no dissembling will availe, then it is high time to speake plaine English, and put off all vizards: then whatsoever the pot containeth must be shewne, be it good or bad, foule or cleane, wine or water.” – I, 70
I Saggi di Montaigne: Il libro più influente
Florio fu in grado di avvicinare i Saggi di Montaigne allo spirito del suo tempo, conferendogli intimità e calore. Probabilmente si tratta di uno dei libri più influenti mai pubblicati in Inghilterra. Il genio del lavoro di Florio fu talmente riconosciuto che persino quei lettori inglesi con una padronanza eccellente del francese – John Donne, Walter Raleigh, Francis Bacon, Robert Burton, per citarne alcuni – scelsero di leggere Montaigne attraverso l’inglese di Florio.
I Saggi di Montaigne: Ben Jonson, Raleigh, Burton
Una copia dell’edizione del 1603 dei Saggi di Montaigne tradotti da Florio si trova al British Museum. Contiene la firma di Ben Jonson, e il suo Timber ne mostra l’influenza. Sir Walter Raleigh portò il libro con sé nella Torre di Londra e lì meditò profondamente su di esso. Burton cita letteralmente Florio nella sua Anatomy of Melancholy. Il libro lasciò il segno anche sul drammaturgo 15. Leggere i Saggi di Montaigne nella traduzione di Florio significa leggerli, per così dire, attraverso gli occhi di alcuni dei più grandi scrittori inglesi. 16
Secondo Frances Yates:
“Chi potrà mai dire quanto il ricco tesoro della nostra lingua debba a questo italiano (la cui influenza si diffuse ampiamente attraverso le sue lezioni) che lavorava con la virtuosità artistica ereditata da una civiltà più antica sulla lingua inglese, ancora in uno stato di incertezza quando egli arrivò per la prima volta in Inghilterra?” – Yates, F., p. 227
La superba traduzione di John Florio è tra le grandi opere dell’inizio del XVII secolo, accanto alla King James Bible – bella, sonora e melodiosa. John Florio fu davvero un artista, e la sua traduzione dei Saggi di Montaigne è un classico della letteratura inglese, secondo solo alla traduzione della King James Bible. La traduzione come arte ha raramente, forse mai, raggiunto un livello così alto come nei Saggi di Florio.
Bibliografia
Greenblatt, S. Shakespeare’s Montaigne: The Florio Translation of the Essays, A Selection, NYRB Classics, 2014.
Matthiensen, O. Translation, an Elizabethan art, Cambridge, Harvard University Press, 1931.
Morini, M. Tudor Translation in Theory and Practice, Routledge, 2006
Yates, F. A. John Florio: The Life of an Italian in Shakespeare’s England, Cambridge At The University Press, 1934.
Zaharia, Translata Proficit: Revisiting John Florio’s translation of Michel de Montaigne’s Les Essais, 2012.
Note
- Yates, F. A., John Florio. The Life of an Italian in Shakespeare’s England, 1934, Cambridge At The University Press, p. 216
- Matthiensen, O., Translation, an Elizabethan Art, Cambridge, Harvard University Press, p. 116
- Yates, F. A., John Florio, cit., p. 222.
- Zaharia, Translata Proficit: Revisiting John Florio’s translation of Michel de Montaigne’s Les Essais, 2012, p. 125
- Yates, F. A., John Florio, cit., p. 223
- Zaharia, Translata Proficit, cit., p. 120
- Morini, M., Tudor Translation in Theory and Practice, Routledge, 2006, p. 88
- Ivi, p. 134
- Ivi, p. 137
- Matthiensen, Translation, cit., p. 146
- Ivi, p. 147
- Ivi, p. 148.
- Ivi, p. 149
- Yates, F. A., John Florio, cit., p. 239
- Webster Ivi, p. 241
- Greenblatt, S., Shakespeare’s Montaigne: The Florio Translation of the Essays, A Selection, NYRB Classics, 2014, X