Nel 1603, John Florio fu nominato segretario privato della regina Anna di Danimarca e camerario straordinario di corte. Con l’ascesa di Giacomo I, la sua vita alla corte intraprende un nuovo capitolo. I suoi principali sostenitori erano ora favorevoli alla sua causa, e Sir Robert Cecil, che aveva acquisito maggiore influenza rispetto al passato, giocò probabilmente un ruolo decisivo nell’assegnargli questo prestigioso incarico. Florio si trovò così a vivere alla corte, ricoprendo una posizione di rilievo al centro del potere. Dal 1604, anno in cui la regina Anna gli garantì un reddito stabile, fino alla sua morte nel 1619, la sua esistenza divenne più serena e sicura. Il suo successo alla corte fu probabilmente il frutto di diversi fattori: il sostegno di Robert Cecil, la reputazione consolidata per il suo lavoro e le sue abilità diplomatiche, sviluppate durante il suo periodo presso l’Ambasciata francese e grazie ai suoi studenti aristocratici. Tali competenze gli permisero di prosperare in un contesto politico in continua evoluzione.
John Florio & la regina Anna di Danimarca
Nel corso dei successivi quattrocento anni, la figura della regina Anna di Danimarca è stata spesso trascurata o addirittura denigrata, soprattutto nel ventesimo secolo, quando molti storici, altrimenti affidabili, l’hanno dipinta in maniera negativa. Frye, ad esempio, osserva che “la regina Anna è stata ignorata e persino denigrata nel corso del ventesimo secolo, spesso da storici altrimenti affidabili”1. Alcuni la hanno addirittura definita una regina superficiale e vanitosa; Frances Yates, ad esempio, nella sua biografia di John Florio la descrive come una “persona piuttosto stupida, piuttosto frivola”2. Tuttavia, Anna di Danimarca si rivelò essere una figura politicamente astuta e molto attiva. La sua indipendenza e le numerose innovazioni che introdusse alla corte la resero una figura fondamentale nel patronato delle arti durante l’era giacobina. Utilizzava l’intrattenimento e i mascheri di corte con fini politici, svolgendo così un ruolo che univa aspetti culturali e politici.
“Il riconoscimento dell’importanza di Anna di Danimarca nella cultura e nella politica inglese è ormai in pieno sviluppo. Sebbene la riscoperta storica di Anna sia cominciata con il suo coinvolgimento nella creazione del mascherone di corte giacobina, secondo Leeds Barroll, questo processo ha progressivamente assunto il carattere di un recupero della sua vasta influenza culturale e politica. – Frye, S., Anne of Denmark, cit.
Riconoscere che queste caratteristiche della cultura abbiano implicazioni politiche ha aperto la porta a nuove comprensioni dei masques di corte 3 così come al ruolo di John Florio, il più importante confidente e collaboratore della regina Anna.
John Florio: camerario straordinario e segretario personale della regina Anna di Danimarca
I compiti di John Florio e la sua influenza sulla regina alla corte emergono da vari documenti ufficiali. Florio divenne lettore di italiano per la regina Anna e uno dei grooms della sua privy chamber. Un documento datato marzo 1619 riporta l’elenco dei “Grooms della Privy Chamber” della regina Anna, con la durata del loro servizio e gli importi dei loro stipendi annuali. In questo elenco, Florio risulta aver servito la regina per quindici anni, ricevendo uno stipendio di cento sterline all’anno. Questo ci permette di collocare l’inizio del suo servizio a corte nel 1604.
Lo stipendio di un groom era di sessanta sterline all’anno, ma nel caso di Florio, la cifra più alta sembra essere dovuta alle sue funzioni aggiuntive di lettore di italiano e segretario privato della regina. 4 Oltre a essere accanto alla regina, Florio aveva anche il compito di scrivere lettere per lei e di intervistare persone per conto della sovrana. Inoltre, ricopriva il ruolo di tutor di italiano e francese per il principe Henry alla corte.
John Florio e la regina Anna di Danimarca: la letteratura italiana
L’interesse di Anna per la cultura italiana si riflette costantemente nel suo patrocinio, che include non solo le sue attività architettoniche, ma anche il suo sostegno a figure come John Florio. La regina gli conferì un ruolo di rilievo alla corte, che spaziava dagli affari politici e diplomatici all’intrattenimento.
Anna acquistava regolarmente libri da Florio, molti dei quali in italiano. Nel 1605, per esempio, Florio le donò una copia delle Storie di Matteo Bandello, ricevendo in cambio £6.14s. Inoltre, le fornì due dizionari, due dialoghi in italiano e inglese, e del materiale da scrittura. Il 22 febbraio 1607, la regina pagò Florio £4 per una copia pregiata della ‘Bibbia italiana per la sua Maestà’ e per una copia delle ‘Vite di Plutarco’ in inglese. [/efn_note]Field, J., Anna of Denmark: A Late Portrait by Paul Van Somer, The British Art Journal, 18, n.2, 2017. p. 6 6
Ulteriore prova della competenza di Anna in italiano si trova in una lettera esistente indirizzata al diplomatico danese Jonas Charisius, scritta in italiano. Un’altra testimonianza della sua padronanza della lingua viene dagli ambasciatori veneziani Foscarini e Correr, che riferirono che, in risposta al regalo del “gioiello C4” fatto da Cristiano IV nel giugno 1611, la regina Anna rispose con un messaggio in italiano.
“La regina rispose in italiano, con la sua stessa mano, augurandogli ogni successo e dichiarando di desiderare nulla di più che vedere l’aumento della sua gloria e del suo Stato.”
John Florio & affari diplomatici
John Florio & Ottaviano Lotti
Dai dispacci di Ottaviano Lotti, rappresentante del Granduca di Toscana a Londra, sappiamo che John Florio ricopriva un ruolo di grande importanza e riservatezza con la regina alla corte:
“…e non so se sia per caso che questo Florio, che sta con la regina tutto il giorno insegnandole la lingua italiana e ascoltando le sue conversazioni su tutti gli argomenti e che scrive tutte le sue lettere più confidenziali, disse alla principessa: ‘Madame, vedrò la vostra Altezza Reale diventare regina un giorno’. E la principessa gli promise, se ciò fosse accaduto, un grande regalo, e aggiunse: ‘Chiunque pensi che io sposi un principe che non sia assoluto si sbaglia.’ – Ottaviano Lotti, Archivio di Stato, Firenze. Archivio Mediceo, 4189.
Questo fa luce sul ruolo di Florio con la regina, che si rivela essere molto più importante di quanto si fosse immaginato finora. Non solo Florio era un interlocutore fondamentale per gli affari diplomatici e culturali, ma mostrava anche una notevole astuzia nel manovrare attraverso i meccanismi di corte. Sapeva come utilizzare la sua influenza, tanto che Lotti, uno degli emissari in visita alla corte inglese per trattare alleanze matrimoniali con la famiglia reale, dovette necessariamente interagire con lui prima di sperare in un incontro con la regina. Lotti riferì anche di aver avuto difficoltà nel ricevere l’udienza della regina a Greenwich, ma alla fine riuscì a ottenere l’incontro tramite l’intermediazione di Florio, che giocò un ruolo cruciale nel facilitare la comunicazione tra i diplomatici e la monarchia:
“Mi sono guadagnato Florio offrendogli una cena e regalandogli una pipa da tabacco, cose che loro usano…”
Ottaviano Lotti
John Florio & Nicolò Molino
Scrivendo al Doge e al Senato nel 1607, Niccolò Molino, ambasciatore veneziano in Inghilterra, affermò che la regina Anna di Danimarca:
“ama il divertimento ed è molto appassionata di danza e di feste. È intelligente e prudente; e conosce i disordini del governo.”
Il riassunto di Molino sulla regina consorte inglese fa una considerazione cruciale: Anna era sia culturalmente attiva che politicamente rilevante. La relazione tra Molino e Florio è testimoniata in una lettera datata agosto 1605 7, in cui informa Florio di avergli inviato delle risposte che Molino stesso inviò successivamente in Scozia come ordinato dal segretario della regina Robert Cecil. Probabilmente, il compito di Florio in questo caso era tradurle, come suggerito da Frances Yates. Ella sottolinea che nel 1607 Florio lavorava ancora all’Ambasciata francese. Probabilmente rispondeva alle lettere indirizzate a lui e le traduceva.
John Florio & Giovanni Carlo Scaramelli
Florio era in stretto contatto anche con Giovanni Carlo Scaramelli, segretario della Signoria di Venezia. Scaramelli, nominato nel dicembre del 1602, aveva il compito di attirare l’attenzione della regina Anna sui pirati inglesi nel Mediterraneo, che stavano diventando una minaccia crescente. In qualità di agente e legato, Scaramelli era incaricato di presentare denunce ufficiali alla regina, e fu testimone della morte di Elisabetta I e dell’incoronazione di Giacomo I. Durante il suo soggiorno a Londra, inviava regolarmente informazioni e aggiornamenti in Italia, permettendo a Venezia di mantenere un quadro chiaro della situazione politica in Inghilterra.
Le lettere nell’Archivio Nazionale di Londra, datate aprile e settembre del 1603, forniscono prove concrete della relazione di amicizia e collaborazione tra Florio e Scaramelli. La connessione tra i due si rivelò fondamentale, in quanto determinava la dinamica politica tra Venezia e Londra in quel periodo. Florio, con la sua influenza alla corte e le sue competenze linguistiche e diplomatiche, svolgeva un ruolo cruciale nell’agevolare la comunicazione tra la Signoria di Venezia e la monarchia inglese, consolidando così la posizione di Venezia nel contesto internazionale.
John Florio & Henry Wotton
Un’altra figura politica rilevante in questo contesto è Henry Wotton, nominato ambasciatore veneziano a Londra nel 1604. Wotton, che ricoprì questo incarico con grande impegno, inviava regolarmente dispacci da Londra, fornendo informazioni dettagliate alla Signoria di Venezia. Le sue comunicazioni erano di grande importanza per i responsabili politici, ma, con il passare del tempo, molti dei suoi resoconti divennero di pubblico dominio, diffusi in un contesto più ampio che includeva anche i drammaturghi dell’epoca.
La sua figura rappresenta un importante punto di contatto tra la diplomazia veneziana e la scena culturale e politica inglese. Le informazioni contenute nei dispacci di Wotton, che toccavano questioni politiche e sociali, finirono spesso per ispirare anche autori teatrali e scrittori. La sua posizione privilegiata gli permetteva di osservare e riferire sugli sviluppi più significativi del regno di Giacomo I, e il suo lavoro diplomatico contribuì a formare le narrazioni che, a loro volta, influenzarono le opere letterarie dell’epoca.
Inoltre, Wotton giocò un ruolo chiave nel rafforzare le relazioni tra Venezia e Inghilterra, facilitando il flusso di informazioni politiche che arricchivano non solo la diplomazia ma anche la cultura inglese, creando un collegamento tra il mondo delle corti e quello della letteratura e delle arti. 8 Inoltre, lo scrivano di Wotton a Venezia era proprio Scaramelli. Fu nominato in quanto veneziano che conosceva meglio l’Inghilterra di chiunque altro per registrare l’Inghilterra a Venezia. Questa partnership diplomatica tra Londra e Venezia, gli agenti/ambasciatori Wotton e Scaramelli, aveva in Florio il collegamento cruciale tra i due mondi. 9
John Florio & Zorzi Giustinian
Zorzi Giustinian fu ambasciatore della Repubblica di Venezia a Londra dal gennaio 1606 al 1608, e mantenne un rapporto personale con John Florio anche dopo il suo ritorno a Venezia. Le lettere esistenti testimoniano l’amicizia tra i due, con uno scambio di corrispondenza significativo. Una di queste lettere fu scritta nell’ottobre del 1609, quando Giustinian aveva già lasciato Londra. La seconda lettera, invece, risale al luglio del 1608, quando Giustinian, insieme ad altri diplomatici, assistette a una rappresentazione teatrale di Pericle al Globe Theatre.
Nel luglio del 1608, Giustinian, in compagnia di Ottaviano Lotti, segretario della legazione fiorentina, dell’ambasciatore francese Antoine de la Broderie, e della moglie di quest’ultimo, organizzò una festa nella “stanza dei signori” sopra il palco, un’area esclusiva del teatro. Giustinian pagò oltre 20 corone per l’ingresso suo e dei suoi ospiti.
Va notato che il periodo in cui i teatri di Londra furono chiusi a causa della peste, tra luglio e dicembre del 1606 e per tutto il 1607 (con l’eccezione di una breve apertura in aprile e a fine dicembre), limitò fortemente le attività teatrali. Tuttavia, da aprile a metà luglio del 1608 i teatri furono riaperti, il che spiega perché il gruppo di Giustinian avesse potuto assistere alla performance di Pericle solo in quel periodo.
L’incontro di Giustinian con Florio, insieme alla sua partecipazione a eventi culturali come questo, riflette il suo impegno nel promuovere la cultura e le relazioni diplomatiche tra Venezia e Londra, nonché l’importanza delle reti sociali e culturali per le attività politiche dell’epoca.11 Le maschere di corte rappresentavano un’importazione culturale dall’Italia, dove erano originariamente associate a celebrazioni nuziali e eventi festivi. In Inghilterra, le maschere divennero un elemento fondamentale dell’intrattenimento di corte, particolarmente durante il periodo elisabettiano. Sebbene queste performance avessero radici italiane, fu la regina Anna di Danimarca, con la sua influenza e il suo patrocinio, a innovare e trasformare la maschera inglese in un evento più strutturato e regolare di intrattenimento di corte, ampliandone il significato e il contesto.
Anna, appassionata di arti e cultura italiana, non solo importò questa tradizione, ma la rivitalizzò e la adattò al gusto e alle esigenze della corte giacobina. Le maschere divennero occasioni di esibizione per i nobili, che non solo vi partecipavano, ma spesso le mettevano in scena, unendo elementi di danza, musica, poesia e scenografia in un unico spettacolo sontuoso. La regina Anna stessa partecipò attivamente a queste maschere, contribuendo alla loro popolarità, e sotto la sua guida, le maschere divennero un elemento distintivo della cultura di corte, esprimendo al contempo l’autorità politica e la raffinatezza culturale della monarchia giacobina.
“Le maschere erano una forma artistica complessa che possedeva il potenziale per fare sia dichiarazioni culturali che politiche. [..] Erano una forma di teatro di stato, che Clifford Geertz descrive come ‘teatro metafisico… progettato per esprimere una visione della natura ultima della realtà e, allo stesso tempo, per adattare le condizioni esistenti della vita a quella realtà; cioè, un teatro per presentare un’ontologia e, presentandola, farla accadere—renderla reale.’” – Politics and Culture at the Jacobean Court: The Role of Queen Anna of Denmark, Quidditas, 2008, Thomas Courtney.
Il suo pubblico contemporaneo sarebbe stato vario. Avrebbe incluso membri della nobiltà e della gentry inglese, cortigiani, ambasciatori e visitatori stranieri di rango e titolo. Attraverso John Florio, queste figure avrebbero cercato un’udienza con Anna in uno dei suoi palazzi, o avrebbero partecipato a un banchetto, una cerimonia ufficiale, una maschera di corte, o un pasto semi-pubblico che lei teneva o a cui partecipava. 12 In questo contesto, la regina Anna fu un’importante mecenate del teatro giacobita tramite la sua partecipazione e la diffusione dei masques di corte, e John Florio una figura centrale con un ruolo fondamentale sia con gli ambasciatori che nell’organizzazione degli intrattenimenti di corte. Descrivendo lo “splendore dello spettacolo” della Masque of Beauty di Ben Jonson, l’ambasciatore Giustinian dichiarò:
“Era un miracolo… ma ciò che sopraffaceva ogni altra cosa, e forse superava le aspettative del pubblico, fu la ricchezza di perle e gioielli che adornavano la regina e le sue dame, così abbondante e splendida che, secondo l’opinione di tutti, nessun’altra corte avrebbe potuto esibire tale ricchezza.” 13
Gli ambasciatori stranieri vedevano questi inviti alle maschere della regina come segni speciali di favore mostrati loro dalla monarchia. In un esempio, un ambasciatore francese si infuriò per un periodo di alcune settimane quando l’ambasciatore spagnolo fu invitato a un masque e lui no. 14 Come nel caso dei masque della regina Anna, tutti i nobili e gli ambasciatori principali si aspettavano di essere tra gli ospiti e si contendevano gli inviti. Il 27 gennaio 1605, Molino scrisse al Doge che aveva assistito a una maschera “che era molto bella e sontuosa” 15 Due settimane prima, il 10 gennaio, Ottaviano Lotti commentò sulla maschera della regina che si era svolta nella Notte della Dodicesima:
Questo nuovo modo di organizzare sontuosi intrattenimenti di corte, principalmente legati alle relazioni politiche, fu introdotto dalla regina Anna. E fu John Florio, il suo primo e più importante confidente, a svolgere il ruolo di intermediario, giocando un ruolo centrale con entrambe le parti.
John Florio & Matthew Gwinne: Le Tre Sibille
Nel 1605 Giacomo I e la regina Anna di Danimarca visitarono Oxford. Al Magdalen College, il vecchio amico di John Florio, Matthew Gwinne, mise in scena una commedia con gli studenti del college. La commedia, intitolata Vertumnus sive annus recurrens, racconta la storia di Tre Sibille. Esse appaiono salutando Banquo, che sarebbe stato “non re, ma il padre di molti re.”
“Queste sibille ora, a nome dell’Inghilterra e dell’Irlanda, salutarono il re di Scozia come il compimento della vecchia profezia.”
Le tre Sibille, figure mitologiche che incarnano la saggezza e la profezia, unirono il loro saluto in una celebrazione che rendeva omaggio ad Anna, madre, moglie, sorella e figlia del Re, e ai Principi. Questo gesto, carico di significato, non solo esprimeva il rispetto e la venerazione per la regina, ma affermava anche il suo ruolo centrale nella dinastia e nella corte giacobina.
Il Re Giacomo I, compiaciuto dell’allusione al suo antenato Banquo, personaggio della mitologia scozzese celebrato nell’opera shakespeariana Macbeth, riconobbe l’intento simbolico di questa rappresentazione. Banquo, figura di nobiltà e di lealtà, era anche legato alla dinastia dei Stuart attraverso la tradizione, e la sua evocaizone nelle Sibille non solo lodava Anna, ma rafforzava anche la legittimità della monarchia. La reverenza verso l’antenato e il suo ruolo nel mito della casa reale sembravano suggerire un legame profondo tra passato e presente.
In seguito, l’effetto di questo omaggio si diffuse tra i presenti, ispirando alcuni a portare l’idea oltre, forse cercando di alimentare ulteriormente il legame mitico e storico tra la corte e la sua genealogia. L’uso della figura di Banquo, unito all’importanza di Anna, sottolineava una forte connessione tra il passato leggendario e il potere contemporaneo, un messaggio che avrebbe avuto un forte impatto sulle percezioni della monarchia giacobina. 16
John Florio, Ben Jonson, Nicholas Breton
L’influenza di Florio alla corte e la sua reputazione consolidata sono evidenziate dalle dediche dei libri a lui indirizzate. Queste dediche rivelano i suoi legami con figure come Nicholas Breton, Ben Jonson e Thomas Thorpe. Nicholas Breton gli dedicò A Mad World My Masters (1603), e la dedica è:
“Il mio molto affezionato e approvato buon amico, l’amante di tutte le virtù e lavoratore nelle buone studi, Signor John Florio, perfetto Lettore della lingua italiana.” – Nicholas Breton
Breton sembra nutrire un debito di gratitudine verso Florio per i suoi precedenti favori, tanto da riferirsi alle “tue molte azioni gentili e non meritate”. 17 L’amicizia di John Florio con Ben Jonson è di grande interesse e importanza. È ben attestata da una iscrizione scritta di suo pugno da Ben sulla prima pagina di una copia di Volpone che ora si trova al British Museum:
“Al suo amato Padre, e degno amico, Mr. John Florio: Il sostegno delle sue Muse. Ben: Jonson sigilla questa testimonianza di amicizia e amore.”
La parola “Padre” che il drammaturgo usa per rivolgersi al suo amico suggerisce non solo la disparità di età tra i due, ma implica soprattutto una sorta di discepolato, con un tributo ancora più significativo nel chiamarlo “Il sostegno delle sue Muse“. Questa dedica implica che Florio abbia avuto un ruolo fondamentale nella scrittura teatrale di Jonson, un aspetto che non è stato ancora completamente esplorato.
John Florio & Thomas Thorpe
Nel 1610, Thomas Thorpe pubblicò una traduzione da Epictetus his Manuall. Dedicò quest’opera a Florio, ricordandogli che egli aveva procurato un mecenate per un’opera precedente di John Healey, His Apprentices Essay, e sperando che facesse lo stesso anche per questa. Nelle tre dediche esistenti di Thorpe, oltre a quella a W. H., la prima è indirizzata a Florio, le altre due al Conte di Pembroke, mentre l’altra, alcuni anni prima, è indirizzata all’editore, Edward Blount. Abbiamo quindi l’evidenza di Thorpe che Florio gli procurò il patrocinio del Conte di Pembroke. Fece lo stesso per John Healey. Florio ottenne il patrocinio di William Herbert, 3° Conte di Pembroke per The Discovery of a New World di Healey. Quest’opera era una versione estremamente libera e umoristica del “Mundus Alter et Idem” latino, una satira sull’Inghilterra.
Per F. A. Yates, in alcuni punti della traduzione di Healey, Florio probabilmente “guardava oltre la spalla di Healey mentre traduceva” 18 alludendo al fatto che probabilmente revisionava e modificava l’opera. Inoltre, il fatto che Healey si firmasse come Resolute I. H. suggerisce che “Resolute” John Florio stesse scrivendo sotto il nome di Healey. 19 Ibidem
John Florio in Golden Fleece di William Vaughan
Un anno dopo la morte di John Florio, nel 1626, il suo vecchio amico William Vaughan pubblicò Golden Fleece, un’opera che mescolava memorie criptiche sugli eventi alla corte di Re Giacomo e della regina Anna di Danimarca. Sebbene i racconti siano narrati in modo misterioso, Vaughan rivelava storie reali e pettegolezzi del periodo in cui Florio era alla corte. Per la regina Anna, Vaughan usò lo pseudonimo di “Principessa Thalia”, mentre per Giacomo I si riferiva a lui come “Apollo”. Quando parlava di John Florio, tuttavia, non esitava a utilizzare il suo vero nome e a raccontare alcune storie su di lui.
Hugh Broughton, teologo e studioso rabbinico, ambiva alla posizione di Groom of the Privy Chamber, ma la regina Anna scelse Florio, non solo per le sue capacità letterarie e diplomatiche, ma anche per la sua conoscenza del giudaismo e della Bibbia. Geloso del suo posto di prestigio alla corte, Broughton cercò di ostacolare Florio quando scoprì che quest’ultimo era stato coinvolto nella creazione di alcuni versi che Vaughan definiva “una strana litania morale”, pubblicata in occasione di un compleanno reale. In seguito a questa accusa, Florio dovette comparire davanti a Giacomo I per difendersi, accusato di essersi abbassato a una frivolezza inadeguata alla sua posizione. Broughton, che si considerava uno studioso più serio e superiore al “Novelliere Italiano”, risentiva della sua nomina e cercava di screditarlo.
Hugh Broughton, un teologo erudito e linguista di grande talento, specializzato nelle lingue ebraica e caldea, aveva a lungo ambito a una posizione di promozione alla corte di Apollo. Vedendo però che persone che considerava di conoscenza inferiore, o comunque non più meritevoli di lui, ottenevano incarichi prestigiosi, iniziò a nutrire un crescente malcontento. Il suo disappunto crebbe soprattutto quando scoprì che il Signor Florio, un “novizio di Parnaso”, era stato recentemente nominato decano della cappella della Signora Thalia, una posizione che Broughton riteneva più consona a un rabbino cabalistico come lui, piuttosto che a un “novelliere italiano”.
Per questo motivo, Broughton sperava di screditare John Florio rivelando il suo coinvolgimento in questa produzione poetica. Florio viene descritto mentre recita versi lascivi e osceni durante il compleanno reale. Vaughan riporta che Florio si difese dicendo:
Non è sconosciuto, illustrissimo Principe, sia alla vostra incomparabile saggezza che a tutti i politici accorti, che una nuova scopa spazza pulito. Ogni servitore, al suo primo ingresso in una grande corte di una dama, deve adattare i suoi sentimenti a quelli della sua padrona, nel miglior modo possibile e in modo conveniente, cercando con ogni mezzo di darle conforto e soddisfazione, in qualche misura. A tal fine, ho inventato questa nuova litania, sapendo che la mia graziosa padrona preferiva gli slanci piacevoli piuttosto che le rigide e severe regole degli Stoici.
Florio si difese argomentando che a volte è necessario temperare la gravità con un po’ di luminosità per adattarsi ai gusti dei propri allievi e mecenati. Ci sono diversi giochi di parole sessuali che Florio usò per fare la sua “apologia”. Ad esempio, si riferisce alla regina Anna come “La grande dama”. Questo fa luce sul livello di confidenza che Florio aveva con l’aristocrazia. Dopo la difesa di Florio, Apollo (Giacomo I) emise il suo giudizio a favore di Florio:
C’è un tempo per scrivere cose serie,
Un tempo per parlare di cose leggere e piccole,
Un tempo per camminare, correre, cavalcare o danzare,
Un tempo per sedersi e ridere, o guidare una danza.
C’è un tempo per gli uomini per digiunare e pregare,
E un tempo per cantare come gli uccelli a maggio.
La storia, ovviamente, solleva la domanda: a quale volume di versi Florio è stato responsabile? Vaughan non fornisce alcuna indicazione su questa questione. Si riferisce al volume di versi come “strana litania morale” durante un compleanno reale. La studiosa di Florio, Miss Yates, suggerisce che nel 1609 John Florio abbia consegnato a Thomas Thorpe sia la sua traduzione di Discovery of a New World di Healey sia la raccolta di sonetti di Shake-Speare, il che è una prova che fosse coinvolto in questa produzione:
“Potrebbe essere interessante indagare sul motivo per cui Thorpe fosse così desideroso di pubblicare materiale vecchio in quest’anno. […] Tuttavia, in quell’anno, Thorpe indirizzò a William Herbert, conte di Pembroke – tramite Florio – una satira tradotta, Healey’s Discovery of the New World, e a un “Mr W.H.” una sequenza di sonetti di William Shakespeare.” – Yates, F. p. 291.
Secondo Vaughan, Florio fu anche accolto alla corte da Giacomo I per le sue attività politiche passate. Inoltre, perché era un partigiano di Essex. Infatti, in un passo di The Golden Fleece, Vaughan scrive che nella mitica corte di Apollo:
“Sapendo quanto fosse esemplare e utile la presenza di persone serie per correggere le persone dissolute (…) nominò John Florio Decano della Cappella della Principessa Thalia, come ricompensa per la sua cura e gli sforzi nell’arresto di Marianna.”
William Vaughan, The Golden Fleece, parte I, D4 – E3.
Princesse Thaliaes è la regina Anna. Marianna è un riferimento a Maria Stuart e alla cospirazione di Babington del 1586. Vaughan descrive Florio impiegato da Walsingham nel complotto di Babington. Il segretario principale della regina Elisabetta istituì un sistema in cui le lettere personali di Maria venivano trasportate dentro e fuori da Chartley (la sua residenza attuale) nascoste nei barili di birra. Walsingham, anche grazie all’aiuto di Florio, come suggerito da Vaughan, riuscì a intercettare e decifrare la sua corrispondenza. Il codice relativamente semplice usato da Maria fu rapidamente decifrato e le traduzioni furono fornite per Elisabetta. Il complotto di Babington portò infine non solo all’esecuzione di Anthony Babington e dei suoi complici, ma anche di Maria, regina di Scozia.
John Florio a corte: nascita del nipote e secondo matrimonio
Negli anni trascorsi a corte, Florio vide sua figlia Aurelia sposare James Molins, un affermato medico, con cui collaborò come ostetrica. Dai loro due figli, nati nel 1605 e nel 1606, Florio divenne nonno. Entrambi i nipoti ricevettero doni dalla famiglia reale in occasione del loro battesimo, a testimonianza del legame con la corte.
Non c’è alcuna traccia della morte della sua prima moglie, Anna Soresollo. Ma molto probabilmente John Florio la perse durante i terribili anni di peste a Londra tra il 1592 e il 1593. Florio purtroppo perse tutti i suoi figli, Aurelia fu la sua unica figlia sopravvissuta.
Florio si risposò nel 1617, all’età di 65 anni, con Rose Spicer. Lei lo assistette negli ultimi anni della sua vita e, nel suo testamento, si riferisce a lei con affetto e tenerezza.
Il periodo in cui John Florio ricoprì il ruolo di Camerario Straordinario e Segretario personale della regina Anna di Danimarca rappresentò per lui anni di grande soddisfazione personale e professionale. Anna gli aveva promesso una pensione annuale di 100 sterline, da percepire fino alla sua morte. Tuttavia, con il progressivo deteriorarsi della situazione finanziaria di Giacomo I, molte di queste pensioni non vennero mai pagate. Numerosi fedeli cortigiani, come Florio, finirono per affrontare la povertà negli ultimi anni del regno.
Nonostante il declino delle sue fortune, Florio rimase profondamente legato agli oggetti appartenuti alla regina. Perfino dopo la sua morte, si rifiutò di separarsene, conservandoli con cura. Tra questi, spiccava il set da scrivania ornato di perle, dotato di calamai in argento e una scatola per la sabbia. Preziosi simboli di affetto che Florio considerava inestimabili, attribuendo loro un valore sentimentale ben superiore a quello monetario. Anche nel suo testamento questi oggetti erano ancora in suo possesso, a testimonianza del profondo legame con la memoria della regina.
Bibliografia
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Note:
- Frye, S., Anne of Denmark and the Historical Contextualisation of Shakespeare and Fletcher’s Henry VIII, in Women and Politics in Early Modern England, 1450-1700, ed. James Daybell (Aldershot, Inghilterra; Burlington, VT: Ashgate, 2004), p. 181
- Yates, F., John Florio: The Life of an Italian in Shakespeare’s England (Cambridge: Cambridge University Press, 1934).
- R. Malcolm Smuts, Culture and Power in England, 1585-1685 (New York: St. Martin’s Press, 1999), p. 2.
- Yates, F. A. (1934). John Florio: The Life of an Italian in Shakespeare’s England. Cambridge: Cambridge University Press, p. 247.
- Inoltre, nel 1608 Florio acquistò un Plutarco in francese e un Plutarco in inglese per l’uso della regina e di sua figlia. 5TNA: PRO, SC6/JASI/1648.
- 7/17 SP 99/2/300
- Rutter, C. C., Hear the ambassadors: marking Shakespeare’s Venice connection, Shakespeare Survey n. 66, 2013.
- Ibidem
- Taylor, G., The Nex Oxford Shakespeare: Authorship Companion, (2017) p. 570
John Florio alla corte: Masques e Musica
Un altro importante compito di John Florio alla corte di Anna di Danimarca era selezionare e introdurre musicisti, spesso di origine italiana, che cercavano un impiego alla corte. Nel 1606, ad esempio, Ottaviano Lotti chiese a Florio di aiutare un musicista, desideroso di entrare al servizio della regina. Per facilitare l’introduzione, Florio organizzò una cena, durante la quale l’idea era di presentare il musicista e la sua lira alla corte. Questo episodio non solo dimostra l’influenza e il successo di Florio nella sua carriera, ma rivela anche un altro aspetto del suo talento: la sua competenza musicale, che gli consentiva di gestire le esigenze artistiche e culturali della corte.
Inoltre, Florio partecipò attivamente alla produzione delle maschere di corte, che erano eventi teatrali e festosi molto popolari alla corte di Anna di Danimarca. Contribuì insieme ad altri membri chiave della corte, come Inigo Jones, il principale architetto e designer di scenografie, Ben Jonson, il celebre drammaturgo, e il suo vecchio amico Samuel Daniel, poeta e drammaturgo. La regina Anna prese parte personalmente a queste maschere in sei occasioni, sottolineando il suo impegno attivo nelle arti e il ruolo significativo di Florio nell’organizzare e facilitare queste performance culturali di corte.10Le sei maschere presentate dalla regina sono, in ordine cronologico e con le date inclusive per la stagione natalizia rilevante: The Vision of the Twelve Goddesses (1603-04); The Masque of Blackness (1604-05), The Masque of Beauty (1607-08), The Masque of Queens (1608-09); Tethys’ Festival (giugno 1610); e Love Freed from Ignorance and Folly (1610-11), Bevington, D., Holbrook, P., The Politics of the Stuart Court Masque, Cambridge University Press, 1998, p. 142
- R. Malcolm Smuts, Art and the Material Culture of Majesty in Early Stuart England, in Smuts, Stuart Court, p. 93
- Scarisbrick, Anne of Denmark’s Jewellery, p. 229
- Courtney, T., Politics and Culture at the Jacobean Court: The Role of Queen Anna of Denmark, Quidditas, 2008, p. 3
- Molino al Doge e al Senato, 27 gennaio 1605, CSP Venetian, no. 332, p. 213
- Stoppes, C., The Life of Henry, Third Earl of Southampton: Shakespeare’s Patron, p. 296.
- Yates, F. A., John Florio, cit., p. 277.
- Ivi, p. 288 .