Second Fruits rappresenta il secondo importante contributo letterario di John Florio. Pubblicato nel 1591 con il titolo completo Second Frutes to be gathered of twelve trees, of diverse but delightful tastes to the tongues of Italian and English, l’opera vide la luce tredici anni dopo l’uscita di First Fruits. Questo testo si colloca in quello che può essere considerato uno dei periodi più significativi e stimolanti della vita dell’autore.
Second Fruits: una nuova moda letteraria
Second Fruits di Florio coincide con il periodo più fertile della letteratura elisabettiana. Come di consueto, Florio si trova connesso a circoli di élite brillanti, e Second Fruits è un’opera all’avanguardia nel rispondere alle esigenze della nuova moda letteraria degli anni 90 del 500. La dedica di Second Fruits è rivolta al “Master Nicholas Saunder of Ewel”, a cui Florio sembra essere debitore per la benevolenza e la generosità dimostrategli sia a Oxford che successivamente a Londra. Florio afferma che il suo monumento, Second Fruits, renderà immortale “la vostra virtù”:
“Non posso né per equità dimenticare né per ragione nascondere le rare cortesie che mi avete concesso a Oxford, le amichevoli offerte e la grande liberalità poi continuata (oltre la mia speranza e il mio merito) a Londra, dove mi avete legato indissolubilmente a portare nei vostri confronti un’obbedienza e una gratitudine mentre vivo, e a onorare quella mente, da cui, come da una fonte, tutte le vostre amicizie e bontà sono sgorgate. E quindi, per darvi qualche pegno e certa assicurazione di un’anima riconoscente e della mia devozione dichiarata, ho consacrato questi miei modesti sforzi interamente al vostro diletto, che resteranno come immagine e monumento della vostra virtù per la posterità.”
La sua dichiarazione nella Dedica, secondo cui First Fruits e Second Fruits sono le “figlie e discendenze della mia cura e studio”, è significativa. Prosegue con la metafora affermando che la maggiore (First Fruits), poiché era ambiziosa, “l’ho maritata per avanzamento e onore”, ma questa più giovane (Second Fruits) è “migliore, più matura e più piacevole della prima”. E poiché è “più bella, meglio educata e più avvenente della sorella”, spera che sarà meglio accolta e apprezzata rispetto a First Fruits:
“…Pensavo di averla relegata ad una certa solitudine, ma lei, accorgendosene, ha rapidamente indossato i suoi migliori ornamenti e (seguendo l’uso delle sue connazionali, presumendo molto sull’amore e sul favore dei suoi genitori) ha volontariamente scelto (dicendomi chiaramente che non intende condurre una vita di privazioni infernali) e si è unita a colui che più le aggrada, sperando che la ami profondamente e che le dia una dote tale da confortare i suoi genitori e rallegrare il suo sposo. Pertanto, ho dato il mio consenso, poiché ha rispettato la modestia e non ha aspirato a tal punto da poter essere rimproverata né per la sua nascita né per la sua bassezza, quando non avrebbe potuto rimediare.”
Conclude poi discutendo del discorso proverbiale e di quanto esso “abbellisca un significato saggio e quanto verosimilmente dimostri una buona concezione”:
“…e inoltre, quanto naturalmente gli italiani si dilettino con tali discorsi materiali, brevi e spiritosi (che, quando si trovano fuori dall’Italia e tra stranieri, i quali credono abbiano appreso un po’ di italiano dai cortigiani di Castiglione o dai dialoghi di Guazzo, tenteranno di dimenticarli o trascurarli e parleranno in modo libresco, e non come fanno tra loro perché sanno che i loro proverbi non hanno mai attraversato le Alpi) non meno che con gli arguti apoftegmi o le imprese, che non cadono mai alla portata di una mente sterile o volgare.”
Second Fruits: Epistola Dedicatoria
L’epistola dedicatoria è una “bozza straordinariamente completa delle attuali pubblicazioni nei vari ambiti del giornalismo, della poesia e del teatro.” 1 e si apre con un passaggio che deve essere citato:
Sir in this stirring time, and pregnant prime of invention when everie ‘bramble is fruiteful, when everie mol-hill hath cast of the winters mourning garment, and when everie man is busilie woorking to feede his owne fancie; some by delivering to te presse the occurences & accidents of the world, newes from the marte, or from the mint, and newes are the credite of a travailer, and first question of an Englishman. Some, like Alchimists distilling quintessences of wit, that melt golde to nothing, & yet would make golde of nothing; that make men in the moone and catch moon shine in the water. Some putting on pyed coats lyke calendars, and hammering upon dialls, taking the elevation of Paneridge church (their quotidian walkes) pronosticate of faire, of foule or of smelling weather, Men weatherwise, that wil by aches foretell of change and alteration of wether. Some more active gallants made of a finer molde, by devising how to win their Mistrises favours, and how to blaze and blanche their passions with aeglogues, songs, and sonnets, in pitiful verse or miserable prose, and most, far a fashion; is not Love then a wagg, that makes men so wanton? yet love is a pretie thing to give unto my Ladie. Other some with new caracterisings bepasting all the posts in London to the proofe, and fouling of paper, in twelve howres thinke to effect Calabrian wonders; is not the number of twelve wonderfull? Some wìrh Amadysing & Martinising a multìtude of our libertine yonkers with triviall, frivolous, and vaine vaine droleries, set manie mindes a gadding; could a foole with a feather make men better sport? l could not chuse but apply myself in some sort to the season, and either proove a weede in my encrease without profit, or a wholesome pothearbe in profit without pleasure. lf I proove more than I promise, I will impute it to the gracious Soile where my endeavours are planted, whose soveraine vertue divided with such worthless seedes, hath transformed my unregarded slips to medeinable simples. […]
Second Fruits: Robert Greene e Thomas Nashe
Vi è innanzitutto un riferimento al Mourning Garment di Greene (1590). Poi Florio difende la passione per le “notizie”. In effetti, era stato coinvolto nella pubblicazione di opuscoli di notizie, tra cui A letter lately written from Rome, pubblicato nel 1585 quando si trovava presso l’ambasciata francese. Successivamente, vi è un’allusione a una delle opere recenti di Lyly, Endimion, The Man in the Moone; a Thomas Nashe, che nel 1591 pubblicò A Wonderfull, strange and miraculous, Astrological Prognostication for the year of our Lord God; a John Doleta, che nel 1586 profetizzò Straunge Newes out of Calabria, prevedendo eventi strani e orribili per l’anno successivo. Vi è anche un’allusione al Groats-worth of Witte, bought with a million of Repentance di Greene (1592), in particolare quando Greene menziona un’opera intitolata The Twelve Labours of Hercules.
John Florio menziona anche la controversia Martin Marprelate, una guerra di opuscoli in cui il sedicente ‘Marprelate’ attaccava i vescovi della Chiesa d’Inghilterra come “piccoli papi” e nella quale Thomas Nashe aveva preso parte, rispondendo con almeno un opuscolo suo, ‘An Almond for a Parrot’:
“Some with Amadysing and Martinising a multitude of our libertine yonkers with trivial, frivolous and vain vain drolleries, set many minds a gadding; could a fool with a feather make men better sport?”.
Coniando l’espressione “Amadysing and Martinising”, Florio riunisce sia Thomas Nashe che il gruppo degli University Wits per attaccare lo stile artificioso di questi pamphlet.
“An English Italianate is a Devil Incarnate“
L’epistola al lettore del Second Fruits dimostra che John Florio era recentemente stato oggetto di critiche avverse per le sue simpatie italiane:
“Quanto a me, poiché si tratta di me, e io sono un inglese all’italiana, so bene che hanno un coltello pronto a tagliarmi la gola, Un Inglese Italianato é un Diavolo Incarnato. An English Italianate is a Devil Incarnate.”
Definendosi un Englishman in Italiane, Florio elabora una duplice difesa della cultura italiana in Inghilterra e della pratica della traduzione. Nella stessa epistola, egli elogia la conoscenza della lingua italiana da parte della regina Elisabetta e sottolinea il suo approccio all’uso dei proverbi come mezzo per facilitare il discorso colloquiale e idiomatico.
To the Reader” rappresenta una risposta appassionata al celebre proverbio italiano che descrive l’effetto apparentemente pernicioso che il Paese esercita su molti visitatori inglesi. Il proverbio, “Un Inglese Italianato é un Diavolo Incarnato”, viene introdotto in Inghilterra da Roger Ascham nel suo The Scholemaster (1570), dove ai giovani gentiluomini inglesi viene rivolto un severo monito sui pericoli di cedere al canto delle sirene d’Italia.2
Ascham è stato una delle voci più influenti di questa campagna anti-cosmopolita, grazie alla sua descrizione del viaggiatore in Italia come:
“Un mostro meraviglioso, che, per la sporcizia della sua vita, per la sua ignoranza nello studio, per l’astuzia nel trattare con gli altri, per la malizia nel ferire senza motivo, dovrebbe racchiudere in un solo corpo il ventre di un maiale, la testa di un asino, il cervello di una volpe, il grembo di un lupo.” 3
John Florio risponde direttamente a Thomas Nashe, uno dei suoi contemporanei, che criticava i giovani nobili inglesi che, dopo aver viaggiato in Italia, tornavano non solo esperti nella lingua e nella cultura, ma apparentemente anche nei vizi e nella dissolutezza che avevano incontrato lungo il loro cammino.
Florio difende con fermezza la lingua italiana, sottolineandone il valore e il prestigio:
“Non apprezzi la lingua? Eppure i migliori la parlano meglio, e Sua Maestà nessuno meglio di lei.”
Richiamandosi a figure illustri della storia, Florio celebra l’apprendimento delle lingue come una virtù:
“Di Mitridate si racconta che avesse imparato ventitré lingue diverse, e di Ennio che avesse tre cuori perché parlava tre lingue; ma sembra che tu non abbia neanche un cuore sano, bensì uno corroso dall’invidia; né una lingua, se non biforcuta, visto che sibilo come un serpente.”
Florio risponde inoltre al racconto di Nashe sulla volpe e la capra al pozzo, ricordando ai suoi lettori il valore della buona letteratura portata in Inghilterra dai traduttori del passato. Sottolinea l’importanza di attingere direttamente alle fonti, piuttosto che accontentarsi di derivazioni di dubbia qualità:
“Se non avessero conosciuto l’italiano, come avrebbero potuto tradurlo? Se non lo avessero tradotto, dove sarebbe oggi la vostra lettura? Meglio bere alla sorgente che sorseggiare da ruscelli torbidi.”
Con queste argomentazioni, Florio non solo difende l’influenza italiana, ma esalta anche il valore della traduzione come ponte culturale fondamentale per l’arricchimento letterario dell’Inghilterra.
Resolute Iohannes Florius
Un’osservazione particolarmente significativa in tutto questo è l’espressione diretta: “Now, who the devil taught thee so much Italian?” (“Chi diavolo ti ha insegnato così tanto italiano?”), che suggerisce che Nashe possa, in un certo momento, essere stato uno degli allievi di Florio al St. John’s. Un altro contemporaneo del St. John’s che certamente fu allievo di Florio era Gabriel Harvey, il quale, insieme al fratello, ingaggiò una simile battaglia letteraria con Thomas Nashe.
L’epistola al lettore del Second Fruits si conclude con un tono estremamente combattivo:
“Usare i proverbi è una grazia, comprenderli un bene, ma raccoglierli è stata una fatica per me, sebbene un guadagno per te. Ma, nonostante tutto ciò, non posso sfuggire a qualche nuovo scherno: vorrei essere vicino a te per dartene un altro, e certamente ti darei pane per focaccia. Addio, se hai buone intenzioni; altrimenti che tu stia male quanto desideri che io stia male.”
Conclude con la data e la firma, un segno di determinazione e sfida:
“L’ultimo di aprile, 1591. Resolute I.F.”
Phaeton to his friend Florio
L’Epistle Dedicatorie dimostra chiaramente che Florio era consapevole della natura provocatoria del suo Second Fruits. In questa prefazione, per la prima volta, egli si firma con l’aggettivo che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita e anche dopo la morte: Resolute John Florio.
A differenza del suo precedente manuale, il Second Fruits è introdotto da un solo sonetto encomiastico intitolato: Phaeton to his friend Florio. Questo sonetto riveste un’importanza notevole, poiché rappresenta uno dei primi sonetti elisabettiani ad essere stampato.
Sweet friend, whose name agrees with thy increase
How fit a rival art thou of the spring!
For when each branch hath left his flourishing,
And green-locked summer’s shady pleasures cease,
She makes the winter’s storms repose in peace
And spends her franchise on each living thing:
The daisies spout, the little birds do sing,
Herbs, gums, and plants do vaunt of their release.
So when that all our English wits lay dead
(Except the laurel that is evergreen)
Thou with thy fruits our barrenness o’erspread
And set thy flowery pleasance to be seen.
Such fruits, such flowerets of morality
Were ne’er before brought out of Italy. Phaeton to his friend Florio
Inoltre, il sonetto è pubblicato all’interno del Second Fruits, un manuale di lingua italiana che raccoglie una varietà eterogenea di materiali utili per i poeti sonettisti contemporanei. È plausibile che, anche in questo caso, Florio stesse rispondendo a una specifica domanda del pubblico, così come aveva fatto nel suo precedente lavoro per quanto riguarda gli Eufuisti.
Second Fruits: Temi
John Florio dimostrò un genio unico nel catturare lo spirito del tempo in cui scriveva, cogliendo gli interessi letterari, le mode e i pettegolezzi del momento. 4
Il Second Fruits, infatti, fu intenzionalmente rivolto al segmento più letterario e intellettuale di coloro interessati all’apprendimento delle lingue straniere. Florio, che frequentava regolarmente i circoli cortigiani, rispecchiava inevitabilmente questa atmosfera nei suoi scritti.
È cruciale notare che John Florio non si propose mai intenzionalmente come un semplice insegnante di lingue. A differenza di Hollyband, Saravia, Stepney e numerosi altri rifugiati protestanti che gestivano scuole a Londra nel XVI e XVII secolo, Florio si distinse per il pubblico a cui si rivolgeva e per il contenuto delle sue opere. I suoi manuali di apprendimento linguistico non erano pensati per bambini o principianti, come quelli di Hollyband, ma piuttosto per un pubblico colto e sofisticato, in particolare per i gentiluomini e i nobili. Second Fruits offre materiali che rispondono perfettamente agli interessi dei sonettisti, trattando temi quali il dibattito su donne, bellezza e amore.
L’obiettivo del lavoro non si limitava a insegnare la conversazione cortese: mirava anche a sviluppare una scrittura raffinata e uno stile letterario definito. A differenza delle preghiere, delle lunghe tirate morali e delle dissertazioni dottrinali che caratterizzavano il Firste Fruites e altri manuali di lingua elisabettiani, i dialoghi drammatici del Second Fruits si concentrano sulle occupazioni della vita di corte e sugli interessi dei circoli più colti. Inoltre, mentre nel primo manuale i dialoghi erano presentati in forma generica, in Second Fruits Florio introduce personaggi con nomi specifici, indicati all’inizio di ogni capitolo.
Non sorprende che i dialoghi di Florio abbiano catturato l’attenzione degli studiosi, che spesso commentano la natura teatrale di questi scambi. Nello studio approfondito sui rapporti anglo-italiani nell’epoca moderna, Michael Wyatt riconosce una “struttura teatrale” nei dialoghi bilingui di Florio. 5
Questa teatralità, unita alla specificità dei temi trattati, distingue Florio dagli altri insegnanti di lingue del tempo. Come osserva il Professor Vincenzo Spampanato, Florio non scrisse un semplice manuale elementare, ma si rivolse esplicitamente agli interessi della nobiltà e dei gentiluomini:
“Poiché tratta di armi e cavalli, di svaghi, di cortesia e amore, di banchetti, di giochi e viaggi, i Second Fruits può, sotto molti aspetti, appartenere alla letteratura cortigiana che ancora fioriva in Italia verso la fine del Rinascimento.” 6
Second Fruits: Dialoghi
Second Fruits enfatizza frasi e proverbi popolari italiani nel contesto di dialoghi relativi ad azioni quotidiane. Si trovano discussioni su scherma, tennis, critica letteraria e traduzione. Le allusioni topiche menzionano St. Paul’s, Paul’s Wharf, London Bridge, il London Exchange e le strade e i parchi della città. Sono citati la Regina, Bruno, Sidney, Spencer, il Conte di Southampton e altri. Il capitolo 6 contiene “molti complimenti familiari e cerimoniosi” destinati in particolare all’uso del viaggiatore all’estero, con allusioni alla moda del viaggio italiano, al viaggiatore malcontento e alla nuova classe di inglesi italianizzati. Il capitolo 12, con le sue 40 pagine di dialoghi drammatici, è una sorta di compendio di argomenti sull’amore e le donne, sia a favore che contro, tra Pandolpho, Silvestro, Nicodemo e Dormiglione. Il riferimento a Philip Sidney, il petrarchismo e gli anti-petrarchismi di Giordano Bruno sono evidenti. Inoltre, le numerose allusioni classiche e mitologiche, similitudini, metafore, proverbi e l’eufuismo convenzionale di questo capitolo rendono il libro una sorta di thesaurus per poeti d’amore e sonettisti contemporanei.
La letteratura antifemminista del Medioevo e del Rinascimento si riflette anche nelle parole di Pandolpho:
P. Le donne sono il purgatorio delle borse degli uomini;
Il paradiso dei corpi degli uomini; l’inferno delle anime degli uomini.
Le donne sono sante nelle chiese; angeli fuori; demoni a casa;
Alla finestra sirene; alla porta gazze; e nei giardini capre.
In contrasto, vi è una discussione sulla bellezza femminile nel Capitolo Otto, quando James descrive le “parti che una donna dovrebbe avere per essere considerata la più bella”:
I. Per la scelta della bellezza, sono richieste trenta qualità
per le quali (dicono) la bella Elena fu ammirata,
Tre bianche, tre nere, tre rosse, tre corte, tre lunghe,
Tre grosse, tre sottili, tre dritte, tre larghe, tre piccole,
Denti bianchi, mani bianche, e collo bianco come avorio,
Occhi neri, sopracciglia nere, capelli neri che nascondono il piacere:
Labbra rosse, guance rosse, e capezzoli rossi,
Gambe lunghe, dita lunghe, lunghe ciocche di capelli,
Piedi corti, orecchie corte, e denti proporzionati corti,
Fronte ampia, petto ampio, fianchi ampi in forma armoniosa,
Gambe dritte, naso dritto e luogo del piacere dritto,
Cosce piene, glutei pieni, pieno lo spazio del ventre,
Labbra sottili, palpebre sottili, e capelli sottili e fini,
Bocca piccola, vita piccola, piccole pupille degli occhi,
Di queste chi manca, tanto della bellezza più bella manca,
E chi ha tutto, la sua bellezza perfetta vanta.
Second Fruits: Giordano Bruno
Second Fruits contiene molti ricordi del filosofo nolano Giordano Bruno e delle esperienze condivise da Florio con lui presso l’Ambasciata Francese. Nel primo dialogo è riportato un dialogo tra Nolano, Torquato e Ruspa. I nomi che Florio assegna ai personaggi di questo dialogo richiamano deliberatamente Bruno e la Cena de le ceneri. Torquato e Nundinio non solo sono menzionati per nome, ma sono caratterizzati da piccoli dettagli che li rendono inequivocabilmente il Torquato e il Nundinio della Cena. Tuttavia, non è tutto: ci sono altri riferimenti a Bruno. L’ultimo dialogo occupa quaranta pagine e, secondo Miss Yates, “ai contemporanei deve essere sembrata la parte più arguta e divertente”. Mentre nelle prime pagine Torquato si stava alzando dal letto, nelle ultime ammira “la chiara luna e la notte stellata” con riferimenti all’amore, alle donne e a speculazioni astronomiche. Nel sesto capitolo si menzionano i proverbi di Bruno tratti dal Il Candelaio: “Perché a un altare rotto nessuno accenderà la propria candela, né in una cassa senza serratura qualcuno riporrà i propri averi.” Molti dei pensieri di Bruno prendono forma nel Second Fruits, dove il Nolano è rappresentato da Florio disteso su una finestra, sfogliando un libro e prendendo in giro il suo amico John perché impiega troppo tempo a vestirsi al mattino. In questo scambio tra Nolano (così chiama Bruno) e Torquato, il primo impaziente di far uscire dal letto il suo amico ritardatario:
N: Voi mi fate sentire una delle doglie da morire col tanto aspettarvi.
T: Quali son le doglie da morire?
N: Aspettar e non venire. Star in letto e non dormire. Ben servir e non gradire. Haver cavallo che non vuol’ire. E servitor che non vuol’ubidire. Esser’ in prigione e non poter fuggire. Et ammalato e non poter guarire. Smarrar la strada, quand un vuol gire. Star alla porta quand’o un non vuol aprire. Et haver un amico che ti vuol tradire: sono dieci doglie da morire.
T: Queste son doglie ch’io ho patito & patisco sovente volte.
N: La prima di esse io patisco adesso.
T: Ma non la patirete molto, perché io ho bel’e fatto.
Spampanato identifica il proverbio utilizzato qui come derivato dal Il Candelaio di Bruno, dove la Signora Vittoria apre il suo monologo dicendo: “Aspettare e non venire è cosa da morire.” L’utilizzo dei proverbi è una delle chiavi per comprendere l’ampiezza del vocabolario di Florio, e qui abbiamo un esempio dell’influenza di Bruno nel fornirgli proverbi per la sua maestria linguistica. 7 Oltre all’uso che Florio fa qui della saggezza proverbiale, seguirà l’esempio di Bruno nel corso della sua carriera, utilizzando i proverbi per definire uno degli aspetti distintivi della sua promozione della lingua italiana.
Second Fruits: Vincentio Saviolo
John Florio divenne un caro amico di Vincentio Saviolo, un celebre maestro di scherma padovano, che nel 1595 pubblicò, con l’aiuto di Florio, Vincentio Saviolo his Practise. Florio, nel Second Fruits, lo descrive come “Più valoroso di una spada stessa” e qualcuno che “colpirà chiunque, sia con un affondo o una stoccata, con un imbroccata o un colpo di taglio.” L’inclusione da parte di Florio dei termini italiani accanto alle loro traduzioni inglesi nei dialoghi suggerisce la graduale adozione di questi termini nel lessico della scherma inglese. 8
“Ho sentito dire che fosse un uomo notevole e di alta statura. Colpisce chiunque, sia con un affondo o una stoccata, con una embrocada o un colpo caricato, con un colpo dritto o inverso di taglio, con il dorso o con il piatto della lama… un uomo che deve fare tutto secondo regola e misura: camminare a tempo come nel contrappunto, parlare secondo le fasi della luna e persino sputare seguendo una dottrina.”
Second Fruits: Proverbi e Giardino di Ricreatione
I proverbi erano un elemento comune in molti dei manuali di lingua elisabettiani, ma nessun altro manuale li trattò con la stessa centralità del Second Fruits. I proverbi del libro sono infatti legati a quelli pubblicati in un’opera correlata di Florio, il Giardino di Ricreatione, che raccoglie seimila proverbi italiani, senza i loro equivalenti in inglese. Questo lavoro è una delle collezioni più significative di proverbi dell’epoca. Il titolo stesso è interessante:
“Giardino di ricreatione, nel quel crescono fronde, fiori e frutti, vaghe, leggiadri e soavi; sotto nome di auree sentenze, belli proverbii, et piacevoli riboboli, tutti Italiani, colti, scelti, e scritti, per Giovanni Florio, non solo utili ma dilettevoli per ogni spirito vago della Nobil lingua Italiana. Il numero d’essi è di 3400.”
I proverbi presenti nel lato italiano dei dialoghi sono contrassegnati con una stella per indicare che fanno parte dei seimila proverbi italiani raccolti nel Giardino. Florio attribuiva grande valore ai detti popolari come mezzo per esprimere concetti nella conversazione:
“I proverbi sono la polpa, le proprietà, le prove, le purezze, le eleganze, essendo le frasi più comuni le più degne di lode di una lingua.”
Florio si sforzava in particolare di “trovare materiali per dichiarare quelle parole e frasi italiane che non avevano mai visto le scogliere di Albion.” Tuttavia, i proverbi usati nel Second Fruits sembrano essere stati selezionati in modo che potessero essere trasposti dall’italiano all’inglese senza sforzo o perdita di significato.
Infine, il Second Fruits merita di essere considerato una contribuzione al giornalismo tematico dell’epoca elisabettiana. Florio dedica un intero capitolo alla discussione su “notizie”, “racconti”, resoconti scritti, “lettere” stampate, voci e scandali. Pertanto, il Second Fruits può essere annoverato tra i primi esempi di giornalismo, accanto ai pamphlet di Nashe, Harvey e Greene.
Second Fruits: Lippotopo & L’Avaro
John Florio scrisse anche delle sue storie originali: ispirandosi alla sesta giornata, decima novella del Decameron di Boccaccio, pubblicò Lippotopo; novelletta di Giovanni Florio nella quale narrasi uno singolare tratto di accidia e Novelletta d’un avaro, London: Appresso Thomaso Woodcock, 1591. Entrambi i romanzi furono parzialmente tratti da Second Fruits, riscritti e pubblicati come novelle. Al mondo sopravvivono soltanto 12 copie di Lippotopo e 8 copie di Novelletta d’un avaro. Nella Novelletta d’un avaro scrisse anche alcuni versi divertenti presi dal Giardino di Ricreatione 9 e riscritti nella settima pagina della novella. Questi due romanzi furono ripubblicati a Venezia tra il 1845 e il 1846 come L’accidioso e Lippotopo da Giuseppe Pasquali, il quale aggiunse altre pagine tratte dal Second Fruits di Florio con proverbi italiani e latini, senza però riconoscere la paternità di Florio.
Bibliografia
- Florio, J. Giardino di Ricreatione, In Londra, Appresso Thomaso Woodcock, 1591.
- Gallagher, J. The Italian London of John North: Cultural Contact and Linguistic Encounter in Early Modern England, Renaissance Quarterly, 70 (1), 2017, pp. 88-131.
- Gatti, H. Giordano Bruno: Philosopher of the Renaissance, Ashgate Publishing, 2002.
- Lawrence, J. Who the Devil Taught Thee So Much Italian?: Italian Language Learning and Literary Imitation in Early Modern England, Manchester University Press, 2005.
- Roger A. The Scholemaster, London, John Day, 1570.
- Simonini, R. C. Italian Scholarship in Renaissance England, (Chapel Hill, 1952).
- Vincenzo Spampanato. John Florio, Un Amico del Bruno in Inghilterra, in La Critica, 21 (1923).
- Wyatt, M. The Italian Encounter with Tudor England: A Cultural Politics of Translation, Cambridge University Press, 2005.
- Yates, F.A. John Florio, The Life of an Italian in Shakespeare’s England, Cambridge University Press, 1932.
Note
- Yates, F.A., John Florio, The Life of an Italian in Shakespeare’s England, Cambridge University Press, 1932, p. 128
- Lawrence, J., Who the Devil Taught Thee So Much Italian?: Italian Language Learning and Literary Imitation in Early Modern England, Manchester University Press, 2005, Introduction.
- Roger A., The Scholemaster, London, John Day, 1570, online source http://darkwing.uoregon.edu/~rbear/ascham1.htm
- Simonini, R. C., Italian Scholarship, cit., p. 62
- Wyatt, M., The Italian Encounter with Tudor England: A Cultural Politics of Translation, Cambridge University Press, 2005, p. 167
- Spampanato, V., John Florio, Un Amico del Bruno in Inghilterra, in La Critica, 21 (1923)
- Gatti, H., Giordano Bruno: Philosopher of the Renaissance, Ashgate Publishing, 2002.
- Gallagher, J., The Italian London of John North: Cultural Contact and Linguistic Encounter in Early Modern England, Renaissance Quarterly, 70 (1), 2017, pp. 88-131.
- Florio, J.,Giardino di Ricreatione, In Londra, Appresso Thomaso Woodcock, p. 48